Un pezzo di storia di Iesi
Un pezzo di storia di Iesi
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Le voci su Jesi
“città regia” hanno un fondamento importante, infatti
è stata ritrovata una lettera ufficiale del 1239 (13 anni dopo la morte di San
Francesco di Assisi, 36 anni prima della nascita di Dante Alighieri) inviata
dall’Imperatore Federico II al Comune di Jesi, e non
semplicemente per ricordare che egli era nato appunto a Jesi
e celebrare questo fatto.
Questo è il testo della lettera,
disponibile anche in fotografia (la foto mostra però un “falso antico”, nel
senso che la pergamena è stata redatta da un calligrafo solo pochi anni fa).
Alla traduzione ha dato un contributo importante Attilio Bartoli
Langeli, professore all’Università di Padova e,
prima, all’Università di Perugia, celebre specialista nel campo della storia
medievale e gran conoscitore dei manoscritti medievali.
Fridericus Communi Esii.
Si loca nativitatis indifferenter
quodam
native voluntatis affectu
specialiter ab omnibus diliguntur, si natalis amore
patrie sua dulcedine cunctos
ducit nec sinit eos immemores
esse sui, non dispari ratione natura succedente ducimur et tenemur;
Esium nobilem
Marchie civitatem,
insigne originis nostre principium,
ubi nos diva mater nostra eduxit in lucem, ubi nostra cunabula claruerunt, intima dilectione completi, ut a memoria nostra non possit excidere locus eius,
et Bethleem nostra, terra cesaris,
et origo, pectori nostro maneat altius radicata. Unde tu, Bethleem civitas Marchie, non minima eris
generis
nostri principibus.
Ex te enim dux
exiit,
Romani princeps imperii,
qui populum tuum reget et proteget
et alienis ultra subisse manibus non permittet. Exurge igitur prima parens
et de iugo escute te alieno! Qua vestris et aliorum
nostrorum fidelium gravaminibus miserentes disposuimus vos et alios fideles
nostros tam
Marchie quam
ducatus Spoleti ab iniuratoribus onere
liberare. Quo apud nos et imperium propter
manifestam ingratitudinem
demerente, vos a iuramento ecclesie
salvo iure imperii prestito duximus
absolvendos, premittentes
dilectum filium nostrum
MCCXXXVIIII
Federico al Comune
di Jesi.
Se è vero che il luogo in cui si nasce, quale che esso
sia, suscita in tutti un attaccamento per un certo
qual impulso spontaneo della
volontà, se è vero che l’amore per la propria città natale ispira tutti con
la sua dolcezza e non permette loro di essere
immemori di se stessi, siamo
mossi e condizionati dalla ragione non meno che dalla natura.
Iesi, nobile città delle Marche,
insigne cominciamento
della nostra esistenza, dove l’augusta nostra madre ci diede alla luce
e dove risplendette la nostra
culla, avendola
colmata da un intimo
attaccamento, in modo tale
che il suo sito non possa
disperdersi nella nostra memoria, e che, come nostra Betlemme, terra
dell’imperatore, metta radici sempre più profonde
nel nostro cuore. Perciò tu, Betlemme della
Marca, non sarai la più piccola tra le eminenti città
della nostra stirpe. Da te infatti è uscito il
condottiero, il principe
dell’impero romano, che reggerà e proteggerà la tua gente, e
non permetterà che essa sia in
futuro sottoposta a
un potere esterno. Lèvati dunque,
prima nostra genitrice, e scròllati di dosso il
giogo di altri! Per
cui, commiserando i gravami ai
quali siete
sottoposti voi e gli altri nostri
fedeli, abbiamo
deciso di liberare voi e gli
altri nostri fedeli sia delle Marche che del Ducato di Spoleto dal
peso di coloro che ci
oltraggiano. E poiché esso
ha perso ogni valore agli occhi
nostri e dell’impero per la manifesta ingratitudine, vi sciogliamo dal
giuramento che avete prestato, fatto salvo
il diritto imperiale, alla
Chiesa,
intanto mandandovi il nostro
diletto figlio.
1239
Quale fu il contesto
di questa lettera? Non sono una persona competente in questo campo, perciò
posso solo fornire qualche dato.
Federico II è nato a Jesi il 26 dicembre 1194.
Suo nonno, Federico Barbarossa, fu
imperatore, cioè capo del Sacro Romano Impero -- un
potere teoricamente esteso a tutto il mondo ma di fatto limitato alla Germania,
Austria, Svizzera e parte dell’Italia – a partire dal 1155. Federico Barbarossa aveva conseguito anche il titolo di Re d’Italia
ed aveva a lungo combattuto contro i Comuni italiani che tentavano di affermare
la propria autonomia. Quello fu anche il periodo delle crociate e dei frequenti
conflitti tra l’imperatore e il papa in quanto il papa
rivendicava il dominio sullo stato della chiesa e dunque su una parte
dell’Italia (l’Italia centrale, inclusa Jesi).
Nel 1186 il figlio di Federico Barbarossa, Enrico
VI, che fu imperatore dal 1191 al 1197, sposò Costanza di
Altavilla, erede del Regno di Sicilia (con Palermo capitale di un regno
che si estendeva fino a Napoli e alla Puglia). Fu durante uno dei loro viaggi
che imperatore e imperatrice si fermarono a Jesi per
consentire il parto del primogenito. Ma Enrico IV morì poco dopo, per cui Federico II
si trovò ad essere virtualmente imperatore e re di Sicilia all’età di tre anni, con sua madre come reggente (ma per un solo
anno, perché Costanza di Altavilla
morì nel 1198) e poi sotto la tutela del papa, Innocenzo III. Dopo la morte del
papa-tutore (1216) Federico rapidamente si riappropriò delle sue prerogative e
ottenne la corona imperiale nel 1220. Seguirono decenni di conflitti con il
papato mentre Federico potenziava soprattutto il suo regno di Sicilia,
costruiva i rudimenti di una burocrazia imperiale e di in’amministrazione statale, promulgava leggi (si ricorda in
particolare la Costituzione
di Melfi del 1231), edificava fortezze ed altri monumenti, fondava
università, si circondava di poeti e altri intellettuali, e intanto si dedicava
a reprimere o prevenire rivolte da parte dei vari potentati locali.
Intorno al 1236 si accentuò la
contrapposizione al papato e nel 1239 il
papa Gregorio IX proclama la scomunica dell’imperatore,
pretendendo la sua destituzione.
È in questa fase acuta del
conflitto che l’imperatore si ricorda della sua città natale e offre a Jesi (e così pure al ducato di Spoleto, che costituiva una
sorta di potente enclave indipendente all’interno dello stato della Chiesa)
alcuni importanti benefici. Ma soprattutto questo è il
senso della frase finale “vi sciogliamo vi sciogliamo dal giuramento che avete
prestato, fatto salvo il diritto imperiale, alla Chiesa”.
Siccome negli
anni immediatamente successivi la scomunica produsse effetti importanti, al
punto che nel 1245 il Concilio di Lione
nuovamente scomunicò e poi depose formalmente l’imperatore. Seguirono
anni di guerre e la morte di Federico nel 1250. Suo successore fu Corrado IV. Probabilmente la bella
lettera dell’imperatore non ebbe nessun effetto importante, tuttavia il suo
valore simbolico ha contribuito molto all’autostima
della città e dei suoi cittadini. (lr)