Frammenti della storia di Jesi

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1.                                    Jesi o Iesi?

2.                                    Jesi olimpica

3.                                    Jesi “città regia”

4.                                    Uno jesino illustre: Federico II

5.                                    La lettera del 1239

6.                                    Uno jesino illustre: Pergolesi

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1. Jesi o Iesi?

 

Il nome, Jesi o Iesi, deriva dal latino Aesis. La grafia ufficiale con J ha il solo scopo di sottolineare che questa I pronunciata in fretta assume sfumature fonetiche un po’ particolari, ma solo un orecchio esperto sa notare la sottilissima differenza che intercorre tra i due modi di dire Iesi o Jesi. Di fatto, perciò, la differenza è irrilevante.

 

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  1. Jesi olimpica

 

A partire dal 1984, ogni volta, senza eccezione, qualche jesino o jesina ha vinto una medaglia d’oro alle Olimpiadi.

Diamo uno sguardo al sito www.comune.jesi.an.it/schermajesi/medaglie.htm Notiamo subito che alla fine del 2005 i campioni jesini avevano già vinto DIECI MEDAGLIE D’ORO alle Olimpiadi, più 19 + 13 medaglie d’oro ai campionati mondiali, più innumerevoli altre medaglie in altri tipi di campionato. In particolare alle Olimpiadi di Atene (2004) è avvenuto un evento straordinario: la finale olimpica di fioretto femminile si è svolta tra due jesine, Valentina Vezzali e Giovanna Trillini, e tutte e due che avevano già vinto la medaglia d’oro in precedenti Olimpiadi.

Nessun’altra piccola città al mondo può vantare una collezione così straordinaria di primati, che sono stati conseguiti tutti nella scherma e, per gran parte, in una sola specialità della scherma femminile: il fioretto.

Un aiuto per capire cosa si nasconda dietro a questo sterminato medagliere si trova in www.comune.jesi.an.it/schermajesi/lastoria.htm

 

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  1. Jesi “città regia”

 

In epoche lontane Jesi ricevette la qualifica di “città regia”.

A quanto pare, questa qualifica è legata a una famosa lettera inviata al Comune di Jesi dall’imperatore Federico II, che era anche re di Sicilia.

Il messaggio politico di quella lettera era: entrate a far parte del Regno di Sicilia (che comprendeva tutta l’Italia meridionale) e vi libererò dalla soggezione al Papa; vi offro dei privilegi purché accettiate di ribellarvi all’autorità pontificia.

Questa però è una congettura, solo una congettura. Sarà vero? Bisognerebbe domandarlo a persone più competenti.

Sta di fatto che nello stemma della città di Jesi il leone ha in testa una corona reale.

 

Un ricordo personale

 

Un ricordo personale

 

Mi piace ricordare che quando ero bambino mia nonna, Maria Fabrizi (moglie di Enrico Rossetti), mi dava questa spiegazione: “c’è stato un re che disse agli jesini: voglio fare una cosa importante per voi. O vi faccio diventare “città regia” oppure faccio arrivare il mare fino a Jesi. Ditemi voi cosa preferite. Purtroppo, aggiungeva mia nonna, preferirono la qualifica di città regia”.

Naturalmente l’idea di portare il mare fino a Jesi era del tutto utopistica, non solo perché il mare dista più di 15 km, ma soprattutto perché si sarebbe trattato di scavare un canale profondo almeno 80 metri, cosa di fatto impraticabile. D’altra parte mia nonna non aveva idea dei privilegi legati a una simile offerta, e tanto meno delle insidie che una simile offerta poteva nascondere.

Brevemente: i privilegi potevano essere economici e soprattutto politici, per i nobili di Jesi. Ma l’insidia era legata all’ipotesi di ribellione all’autorità pontificia, dato che Jesi era una città situata nei territori che finirono per costituire lo Stato della Chiesa fino al 1860. (lr)

 

 

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4.                  Uno jesino illustre: Federico II

 

Federico II è stato, al tempo stesso, imperatore tedesco e re di Sicilia nella prima metà del secolo XIII.

Che relazione ha Jesi con questo imperatore? Ci sono due punti di contatto:

1. Federico II è nato a Jesi sostanzialmente per caso, perché nacque durante un viaggio compiuto dai suoi genitori, che si recavano dalla Germania alla Sicilia,

2. nel 1239 (13 anni dopo la morte di San Francesco di Assisi, 36 anni prima della nascita di Dante Alighieri) egli indirizzò una lettera giustamente famosa alla città in cui era nato.

Uno sguardo alla vita di Federico II  Jesi città regia 

La lettera del 1239  Il testo latino della lettera di Federico II con traduzione a fronte

 

 

Uno sguardo alla vita di Federico II

 

Federico II è nato a Jesi il 26 dicembre 1194.

Suo nonno, Federico Barbarossa, fu imperatore, cioè capo del Sacro Romano Impero – un potere teoricamente esteso a tutto il mondo ma di fatto limitato alla Germania, Austria, Svizzera e parte dell’Italia – a partire dal 1155. Federico Barbarossa aveva conseguito anche il titolo di Re d’Italia ed aveva a lungo combattuto contro i Comuni italiani che tentavano di affermare la propria autonomia. Quello fu anche il periodo delle crociate e dei frequenti conflitti tra l’imperatore e il papa in quanto il papa rivendicava il dominio sullo stato della chiesa e dunque su una parte dell’Italia (l’Italia centrale, inclusa Jesi).

Nel 1186 il figlio di Federico Barbarossa, Enrico VI, che fu imperatore dal 1191 al 1197, sposò Costanza di Altavilla, erede del Regno di Sicilia (con Palermo capitale di un regno che si estendeva fino a Napoli e alla Puglia).

Fu durante uno dei loro viaggi che imperatore e imperatrice si fermarono a Jesi per consentire il parto del primogenito.

Ma Enrico IV morì poco dopo, per cui Federico II si trovò ad essere virtualmente imperatore e re di Sicilia all’età di tre anni, con sua madre come reggente (ma per un solo anno, perché Costanza di Altavilla morì nel 1198) e poi sotto la tutela del papa, Innocenzo III.

Dopo la morte del papa-tutore (1216) Federico rapidamente si riappropriò delle sue prerogative e ottenne la corona imperiale nel 1220. Seguirono decenni di conflitti con il papato mentre Federico potenziava soprattutto il suo regno di Sicilia, costruiva i rudimenti di una burocrazia imperiale e di un’amministrazione statale, promulgava leggi (si ricorda in particolare la Costituzione di Melfi del 1231), edificava fortezze ed altri monumenti, fondava università, si circondava di poeti e altri intellettuali, e intanto si dedicava a reprimere o prevenire rivolte da parte dei vari potentati locali.

Intorno al 1236 si accentuò la contrapposizione al papato e nel 1239 il papa Gregorio IX proclamò la scomunica dell’imperatore, pretendendo la sua destituzione.

Fu in questa fase acuta del conflitto che l’imperatore si ricordò della sua città natale e scrisse la lettera.

Con questo documento ufficiale l’imperatore offrì a Jesi (e così pure al ducato di Spoleto, che costituiva una sorta di potente enclave indipendente all’interno dello stato della Chiesa) alcuni importanti benefici, ma soprattutto fece la seguente, impegnativa dichiarazione: “vi sciogliamo dal giuramento che avete prestato, fatto salvo il diritto imperiale, alla Chiesa”.

Siccome negli anni immediatamente successivi la scomunica produsse effetti importanti, al punto che nel 1245 il Concilio di Lione nuovamente scomunicò e poi depose formalmente l’imperatore. Seguirono anni di guerre e la morte di Federico nel 1250. Suo successore fu Corrado IV. Probabilmente la bella lettera dell’imperatore non ebbe nessun effetto importante, tuttavia il suo valore simbolico ha contribuito molto all’autostima della città e dei suoi cittadini.

È possibile che ci sia una stretta connessione tra queste vicende e l’attribuzione alla città di Jesi della qualifica di “città regia”.

Altre informazioni sono disponibili, fra l’altro, in http://it.wikipedia.org/wiki/Federico_II_del_Sacro_Romano_Impero

 

 

La lettera del 1239

 

A Jesi, nell’ufficio di Don Anselmo Rossetti si trova una moderna riproduzione della lettera del 1239: quella della foto. La foto riproduce una pergamena un “falso antico” che è stata realizzata intorno al 1995. Confesso di non sapere dove sia conservato l’originale, che nel Settecento è stato inserito nella celebre collezione dei Monumenta Germaniae Historica.

Qui di seguito presentiamo una traduzione che deve molto alla supervisione di Attilio Bartoli Langeli // LINK http://scrineum.unipv.it/aipd/2003/soci/bartoli.htm //, professore all’Università di Padova e, prima, all’Università di Perugia, celebre specialista nel campo della storia medievale, gran conoscitore dei manoscritti medievali e attuale Presidente della Deputazione di Storia Patria per l’Umbria // LINK www.dspu.it/ //.

 

Federico al Comune di Jesi.

Se è vero che il luogo in cui si nasce, quale che esso sia, suscita in tutti un attaccamento per un certo qual impulso spontaneo della volontà, se è vero che l’amore per la propria città natale ispira tutti con la sua dolcezza e non permette loro di essere immemori di se stessi, siamo mossi e condizionati dalla ragione non meno che dalla natura.

Jesi, nobile città delle Marche, insigne cominciamento della nostra esistenza, dove l’augusta nostra madre ci diede alla luce e dove risplendette la nostra culla, avendola colmata da un intimo attaccamento, in modo tale che il suo sito non possa disperdersi nella nostra memoria, e che, come nostra Betlemme, terra e origine dell’imperatore, metta radici sempre più profonde nel nostro cuore.

 Perciò tu, Betlemme della Marca, non sarai la più piccola tra le eminenti città della nostra stirpe. Da te infatti è uscito il condottiero, il principe dell’impero romano, che reggerà e proteggerà la tua gente, e non permetterà che essa sia in futuro sottoposta a un potere esterno.

Lèvati dunque, prima nostra genitrice, e scròllati di dosso il giogo di altri! Per cui, commiserando i gravami ai quali siete sottoposti voi e gli altri nostri fedeli, abbiamo deciso di liberare voi e gli altri nostri fedeli sia delle Marche che del Ducato di Spoleto dal peso di coloro che ci oltraggiano.

E poiché esso ha perso ogni valore agli occhi nostri e dell’impero per la manifesta ingratitudine, vi sciogliamo dal giuramento che avete prestato, fatto salvo il diritto imperiale, alla Chiesa, intanto mandandovi il nostro diletto figlio.

1239

 

Il testo latino con traduzione a fronte

 

La lettera è interessante da molti punti di vista. Vediamone alcuni:

·        Federico al Comune di Jesi è verosimile che l’intestazione della lettera non fosse così semplice e disadorna

·        Jesi … insigne cominciamento della nostra esistenza, dove l’augusta nostra madre ci diede alla luce e dove risplendette la nostra culla La frase esprime bene l’idea che è stato un grandissimo onore, per la città di Iesi, essere stato il luogo in cui nacque, nientemeno, l’Imperatore.

·        come nostra Betlemme l’Imperatore stabilisce una analogia: Jesi è stata per Federico II ciò che Betlemme è stata per Gesù

·        Perciò tu, Betlemme della Marca, non sarai la più piccola… In questo caso viene apertamente richiamata una celebre frase del profeta Michea (Michea è un libro dell’Antico Testamento; la frase che qui interessa figura all’inizio del cap. 5) su Betlemme, che «non sarà la più piccola tra le città della Giudea» perché «da te uscirà colui che dovrà regnare sopra Israele».    

·        e scròllati di dosso il giogo Jesi è ufficialmente collocata sotto l’autorità e la giurisdizione del Papa, quindi l’Imperatore può solo auspicare che la città si ribelli confidando nella protezione imperiale, ma all’epoca le prospettive per Jesi erano molto meno rosee si quanto la lettera possa far pensare. Infatti proprio nel 1239 il papa Gregorio IX aveva proclamato la scomunica dell’imperatore, pretendendo la sua destituzione. Quindi l’imperatore si ricordò della sua città natale e scrisse la lettera con il verosimile intento di servirsene come arma nella sua lotta contro il papato

·        voi e gli altri nostri fedeli sia delle Marche che del Ducato di Spoleto il Ducato di Spoleto costituiva, all’epoca, una sorta di potente enclave indipendente all’interno dello stato della Chiesa

·        vi sciogliamo dal giuramento che avete prestato … alla Chiesa l’Imperatore pretende, con questo atto, di autorizzare l’insubordinazione e, a tale scopo, spezza il vincolo costituito dal giuramento di sottomissione al Papa

·        vi sciogliamo dal giuramento, fatto salvo il diritto imperiale sarebbe interessante capire se si conoscono giuramenti di subordinazione e fedeltà che facciano riferimento sia al Papa che all’Imperatore

·        intanto mandandovi il nostro diletto figlio il figlio dell’Imperatore, il futuro Corrado IV, veniva dunque inviato nello Stato pontificio per condurre personalmente la rivolta contro Roma e, contemporaneamente, affermare l’autorità imperiale sulle città ribelli. Non sembra che l’iniziativa abbia avuto un successo significativo. È possibile che la lettera sia stata portata a Jesi dallo stesso figlio dell’Imperatore

·        1239 è verosimile che la chiusa della lettera recasse non solo il sigillo ma anche una più precisa indicazione della data

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                       

Per farsi un’idea (almeno un’idea!) delle circostanze in cui fu scritta questa lettera vedere: Uno sguardo alla vita di Federico II  e  Jesi città regia.

Una importante fonte di informazioni su questi temi è costituita  dal volume Federico II e le Marche. Atti del convegno di studi; Jesi, Palazzo della Signoria, 2 - 4 dicembre 1994, pp. 552; Roma, Edizioni De Luca, 2000.

 

 

Il testo latino della lettera di Federico II

con traduzione a fronte

 

A Jesi, nell’ufficio di Don Anselmo Rossetti si trova una moderna riproduzione della lettera del 1239: quella della foto. La foto riproduce una pergamena un “falso antico” che è stata realizzata intorno al 1995. Confesso di non sapere dove sia conservato l’originale, che nel Settecento è stato inserito nella celebre collezione dei Monumenta Germaniae Historica.

I Monumenta Germaniae Historica sono ormai disponibili anche on-line al sito www.unimc.it/web_9900/Casb/cataloghi/databases/schede/el_monumenta.htm  Per chi non sia uno storico di professione, la consultazione di questa particolare banca dati può risultare una operazione piuttosto impegnativa.

Ricordiamo che questa traduzione deve molto alla supervisione di Attilio Bartoli Langeli  // LINK http://scrineum.unipv.it/aipd/2003/soci/bartoli.htm //, professore all’Università di Padova e, prima, all’Università di Perugia, celebre specialista nel campo della storia medievale, gran conoscitore dei manoscritti medievali e attuale Presidente della Deputazione di Storia Patria per l’Umbria // LINK www.dspu.it/ //.

 

Fridericus Communi Esii.

Si loca nativitatis indifferenter

quodam native voluntatis affectu specialiter ab omnibus diliguntur, si natalis amore patrie sua dulcedine cunctos ducit nec sinit eos immemores esse sui, non dispari ratione natura succedente ducimur et tenemur;

Esium nobilem Marchie civitatem, insigne originis nostre principium, ubi nos diva mater nostra eduxit in lucem, ubi nostra cunabula claruerunt, intima dilectione completi, ut a memoria nostra non possit excidere locus eius,

et Bethleem nostra, terra cesaris, et origo, pectori nostro maneat altius radicata. Unde tu, Bethleem civitas Marchie, non minima eris generis

nostri principibus. Ex te enim dux

exiit, Romani princeps imperii, qui populum tuum reget et proteget et alienis ultra subisse manibus non permittet. Exurge igitur prima parens

et de iugo escute te alieno! Qua vestris et aliorum nostrorum fidelium gravaminibus miserentes disposuimus vos et alios fideles nostros tam

Marchie quam ducatus Spoleti ab iniuratoribus onere liberare. Quo apud nos et imperium propter manifestam ingratitudinem demerente, vos a iuramento ecclesie salvo iure imperii prestito duximus absolvendos, premittentes dilectum filium nostrum MCCXXXVIIII

 

Federico al Comune di Jesi.

Se è vero che il luogo in cui si nasce, quale che esso sia, / suscita in tutti un attaccamento per un certo /

qual impulso spontaneo della volontà, se / è vero che l’amore per la propria città natale ispira tutti / con la sua dolcezza e non permette loro di essere

immemori / di se stessi, siamo mossi e condizionati dalla ragione non meno che dalla natura. /

Iesi, nobile città delle Marche, /

insigne cominciamento della nostra esistenza, dove / l’augusta nostra madre ci diede alla luce /

e dove risplendette la nostra culla, avendola /

colmata da un intimo attaccamento, in modo tale

che il suo sito / non possa disperdersi nella nostra memoria, / e che, come nostra Betlemme, terra e / origine dell’imperatore, metta radici sempre più profonde /

nel nostro cuore. Perciò tu, Betlemme della

Marca, / non sarai la più piccola tra le eminenti città /della nostra stirpe. Da te infatti è uscito / il

condottiero, il principe dell’impero romano, che reggerà e proteggerà la tua gente, e /

non permetterà che essa sia in futuro sottoposta / a

un potere esterno. Lèvati dunque, prima nostra genitrice, / e scròllati di dosso il giogo di altri! Per

cui, / commiserando i gravami ai quali siete

sottoposti / voi e gli altri nostri fedeli, abbiamo

deciso di liberare / voi e gli altri nostri fedeli sia delle Marche che del Ducato di Spoleto dal /

peso di coloro che ci oltraggiano. E poiché esso /

ha perso ogni valore agli occhi nostri e dell’impero / per la manifesta ingratitudine, vi sciogliamo dal / giuramento che avete prestato, fatto salvo /

il diritto imperiale, alla Chiesa, /

intanto mandandovi il nostro diletto figlio. /

1239

 

 

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  1. Uno jesino illustre: Pergolesi

 

Giovanni Battista Pergolesi è stato un grande musicista del Settecento, famoso come autore di “opere buffe”. Morto ad appena 26 anni, ottenne un immediato successo a Napoli, dove si era recato a studiare al Conservatorio.

È nato a Jesi nel 1710 ed è morto a Pozzuoli (vicino Napoli) nel 1736.

Aiutato da vari nobili jesini, a quindici anni il Pergolesi ottenne di entrare nel “Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo” a Napoli. Le sue prime opere risalgono al 1731 e già nel 1732 raggiunse il successo con la sua prima opera buffa, Lo frate 'nnammorato, e l’anno dopo con La serva padrona, il suo capolavoro. Un altro suo capolavoro è lo Stabat Mater, scritto mentre già la sua salute era diventata precaria.

Un anno prima di morire (Udi tisi) ottenne la nomina a organista della cappella reale a Napoli.

Una informazione più ampia compare, per esempio, in www.haendel.it/compositori/pergolesi.htm

In www.karadar.com/Librettos/pergolesi_serva.html è possibile leggere il “libretto” della Serva padrona così come di altre sue opere.

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